Pettinari: «È stato emozionante tornare a giocare e vivere lo spogliatoio. Siamo altalenanti ma il gruppo è unito»
«Un anno fa sono nate delle divergenze dopo un infortunio, alla fine sono rimasto fuori parecchio. La società ha fatto le sue scelte, io ho continuato a lavorare. I commenti dei tifosi? Su di me sono state dette cose non vere, ho la coscienza pulita»
Prima protagonista, poi ai margini della squadra. Di nuovo in campo e poi in partenza per un'altra destinazione. Fuori lista e ora di nuovo a disposizione. A Bari la prima maglia da titolare della stagione e con il Catanzaro uno spezzone di secondo tempo positivo. L'avventura in granata di Stefano Pettinari fino a questo momento è stato un vero e proprio saliscendi e ora l'attaccante romano classe '92 prova a raccontare la sua versione dei fatti sulla complicata permanenza a Reggio e sul momento di difficoltà che sta vivendo la squadra in Serie B.
Qual è il tuo stato di forma in questo momento?
«Ovviamente non è ancora il massimo, perché per quello serve giocare tanto e con continuità. Mentalmente, però, sono carico. Sto cercando di dare una mano in tutti i modi».
Il ritmo gara lo si trova solo giocando in partita o si riesce a recuperarlo anche in allenamento?
«Dipende dalle caratteristiche fisiche di ognuno di noi. Alcuni hanno più bisogno di stare in campo di altri, mentre quelli un po’ più piccoli fisicamente trovano prima la condizione. Stare in campo però è fondamentale».
Come mai dal vantaggio di due reti la Reggiana si è fatta recuperare e viceversa?
«Per quanto riguarda Bari, abbiamo fatto i primi 60 minuti molto bene. Ci siamo abbassati, ma senza rischiare molto. Poi gli errori hanno condizionato il risultato, sicuramente. Però siamo stati squadra e abbiamo avuto una grande reazione. Domenica contro il Catanzaro sono stati bravi anche loro. Noi, chiaramente, ci siamo abbassati di più. Però è come abbiamo fatto noi contro il Bari… Il rammarico c’è perché, nel finale, potevamo anche vincerla».
Ti ha fatto piacere ritrovare una maglia da titolare al “San Nicola”?
«È stato emozionante tornare a giocare, sia da subentrato che da titolare. Ma se devo essere onesto è stato molto bello il poter ritornare all’interno del gruppo e allenarsi con i compagni vivendo le dinamiche di spogliatoio».
Tu però non eri fuori dallo spogliatoio: ti allenavi a parte ma facevi parte del gruppo…
«Sì, sicuramente. Però mancavano le situazioni più intime. Ad esempio andare in ritiro con la squadra».
Perché è nata l’esclusione?
«Quando sono arrivato l’anno scorso è iniziata anche bene l'avventura in granata con un paio di gol in poche presenze. Poi c’è stata una questione con un infortunio, che dal mio punto di vista è stato un po’ più grave di ciò che doveva essere secondo lo staff medico. Io, per generosità, sono andato contro il dolore e ho provato a giocare contro la FeralpiSalò in trasferta. Successivamente, però, il dolore era troppo forte e non ce l’ho fatta. Da lì è nata questa situazione di divergenza, ognuno la vedeva un po’ a modo suo e alla fine sono rimasto fuori per parecchio tempo…».
Divergenza più con il direttore che con mister Nesta?
«Sì, con il direttore (Goretti,ndr) non c’era più l’entusiasmo che magari avevamo a inizio campionato. Poi, a gennaio, non si è trovata una soluzione, ma non per mia volontà: non ho mai detto di voler andare via».
Avevi avuto delle richieste in estate?
«Sì, ma erano richieste che per svariati motivi non mi soddisfacevano quindi non si è creata la situazione giusta. La società ha fatto delle scelte, io le ho rispettate e mi sono sempre allenato con la speranza di riuscire a rientrare in un gruppo dove mi trovo bene».
Sembri molto sereno…
«Lo sono perché io ho sempre fatto il mio lavoro. Sono state dette tante cose, su di me, non vere. Io mi sono preparato per cercare di stare il meglio possibile».
C'era imbarazzo nel confronto con l’allenatore e i compagni nello spogliatoio?
«No, assolutamente. A me era capitato anche a Lecce una situazione del genere: non volevo rinnovare il contratto e il direttore ha deciso di tenermi fuori. Poi però ho giocato 10 partite da titolare e abbiamo fatto la semifinale playoff dove ho anche segnato: ho avuto un allenatore che mi ha dato una fiducia incredibile, è andata così…».
Ti hanno dato fastidio alcuni commenti dei tifosi?
«L’ambiente non è mai stato bello nei miei confronti. Un tifoso sente arrivare delle determinate voci e le commenta, però mi hanno dato fastidio fino ad un certo punto: io ho la coscienza pulita e il tifoso fa quello che ritiene opportuno».
In questi mesi difficili, c’è stato qualche compagno che ti è stato particolarmente vicino e che senti di ringraziare?
«Devo dire che tutto il gruppo mi è stato vicino. Anzi, ci è stato vicino: includo anche Elvis (Kabashi, ndr) che era fuori assieme a me. Lui l’anno scorso ha giocato una trentina di partite e in questi due mesi non si è visto un atteggiamento diverso da parte dei compagni nei suoi e nei miei confronti».
La Reggiana ha dato l'impressione di essere poco consistente nelle ultime uscite: cosa puoi dire di questa situazione?
«Le ultime partite ci dicono un po’ questo. L’anno scorso, a questo punto del campionato, più o meno i punti erano gli stessi. Ci sono altre squadre che giocano bene, ma faticano a trovare punti. La Serie B va molto a periodi: ci sono alti e bassi in una stagione. Due o tre vittorie ti portano in alto. Il nostro gruppo però lavora bene ed è unito: siamo molto determinati a fare punti e a uscire da questo momento».
Pensi di poter aiutare la Reggiana da qui fino alla fine della stagione? Sei uno dei pochi giocatori in rosa che in carriera è riuscito ad andare in doppia cifra…
«Quando ne ho avuto l'opportunità ho cercato sempre di fare il massimo: va sia a mio vantaggio che della squadra. Per andare in doppia cifra devi stare tanto in campo, avere molta fiducia e creare un bell'ambiente intorno a te. È tutta la squadra però che deve dare una mano, anche perché se la squadra produce tanto alla fine l’attaccante riesce ad andare in doppia cifra. Sennò è veramente difficile in Serie B. Io, per quel che posso, cerco di dare il più possibile una mano».
In questo assetto della Reggiana come ti trovi?
«Io ho giocato in vari modi: come prima punta, con i due trequartisti e una punta e affiancato a un altro attaccante. A me non cambia molto, cambiano un po’ le richieste dell’allenatore: con due punte devi dividere di più il campo, mentre giocando da solo devi pensare di più al gol restando in area di rigore. Però, ribadisco, a me è indifferente».
Come mai hai cambiato così tante squadre in carriera e che ricordi hai della stagione condita da 17 gol a Trapani?
«Da ragazzo ero di proprietà della Roma quindi andavo spesso in prestito. Nella stagione a Trapani mister Castori mi fece una richiesta precisa, ovvero di stare davanti e fare gol. La stessa cosa mi chiese Zeman a Pescara e anche lì andai in doppia cifra. L'importante è avere fiducia e mettersi a disposizione».
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