Rozzio: «Il Sassuolo non è ingiocabile, lotteremo anche per i nostri tifosi. Il rinnovo? Resto comunque»
«Il recupero è stato tosto, ora posso dare una mano. La Reggiana lavora bene, ma vanno eliminate le disattenzioni. La gara con i neroverdi sarà speciale, l'affetto dei tifosi granata non mancherà. In futuro preferirei fare il ds anziché allenare»

Dopo un lungo periodo di riabilitazione, Paolo Rozzio da qualche settimana è tornato a disposizione della Reggiana ed è pronto per dare una mano ai suoi compagni già nella gara in programma sabato contro il Sassuolo. Nell'intervista concessa alla stampa, il capitano granata racconta il percorso del suo recupero, le difficoltà incontrate, la situazione della squadra e il suo futuro.
Innanzitutto, come stai?
«Sono stati due mesi e mezzo di riabilitazione impegnativi, però la caviglia sta rispondendo bene. Diciamo che è stato un infortunio un po' complicato: a differenza di quelli che ho avuto in passato, è un fastidio con cui devo convivere nell'immediato, adesso che sto rientrando. Però sono sicuro che giorno dopo giorno andrà sempre migliorando. Sono contento di come sta rispondendo e spero di continuare su questa strada».
Il tuo avversario numero uno è stato lo scoramento provato dopo l'infortunio?
«Ho avuto momenti in cui ripensavo a come stavo prima, ed è sbagliato farlo, perché mentalmente ti chiedi: "Rientrerò come prima? Come starò?". Però la vita ti mette davanti degli ostacoli e tu li devi superare. Non sai come starai, ma devi sempre dare il massimo per cercare di stare al meglio per il lavoro che fai. Ho avuto qualche giorno di nervosismo, soprattutto nella fase di riatletizzazione in campo, ma poi passavano subito perché avevo un obiettivo preciso e non mi faccio distrarre. Dal momento dell'infortunio, con l'operazione fino al rientro, sono stati tre mesi e mezzo molto impegnativi in cui ero sempre a Bologna per la riabilitazione. È stata tosta, ma il nostro lavoro non è solo stare in campo: a volte significa anche rimettersi in forma e dare una mano ai compagni da fuori. Ho fatto tutto con grande impegno».
Un piccolo grande vantaggio: hai un fisioterapista in casa…
«Sì, la mia compagna Ilaria è fisioterapista. Dopo l'operazione, quando potevo iniziare a muovere la caviglia, avevo bisogno di qualcuno che mi seguisse e per fortuna avevo lei a casa: mi ha permesso di evitare spostamenti e di iniziare la riabilitazione in anticipo quando sono andato a Bologna. Non l'ho vissuta come la volta in cui mi ha curato i tendini, quando eravamo insieme tutto il giorno, ma anche questa volta è stata bravissima».
Cosa sta succedendo alla Reggiana? Gioca un buon calcio ma non ottiene risultati…
«Non siamo poi così diversi dall'anno scorso. La stranezza è che nella scorsa stagione facevamo ottime partite e ottenevamo risultati contro squadre di vertice e poi faticavamo negli scontri diretti. Forse quest'anno si nota ancora di più questa altalenanza. Da fuori mi sono accorto di tante cose che in campo non si percepiscono: si capisce se la squadra entra mentalmente in partita, se ci sono errori tattici… Abbiamo fatto partite molto buone, poi magari dopo pochi giorni siamo incappati in una prestazione negativa. Penso alle due trasferte in Calabria: una partita bellissima contro il Catanzaro, inesistente col Cosenza. È una questione di attenzione e dettagli che ci portiamo dietro da ben prima del mio infortunio. I gol che subiamo non derivano da una mancanza di organizzazione, ma da piccole disattenzioni che dobbiamo correggere. Questo dipende da noi, non solo dall'allenatore: ne dobbiamo uscire come squadra».
Quando pensi di poter tornare in campo?
«Sarò sicuramente a disposizione sabato contro il Sassuolo. Non sono ancora pronto per giocare una partita intera, ma il mister sa che, in caso di necessità, sono disponibile per dare una mano, difendere un risultato o dare consistenza alla squadra».
Come stai vivendo l’attesa per la gara con il Sassuolo e cosa pensi della presa di posizione dei tifosi?
«È una situazione nuova per me, non ho mai giocato questa sfida visto che all'andata ero infortunato. Come tutti i derby che ho affrontato in questi anni, la gara avrà un sapore particolare. Abbiamo una motivazione in più per cercare di stare vicino ai nostri tifosi: sappiamo che hanno le loro ragioni nelle loro scelte, ma noi sentiamo comunque la loro vicinanza, indipendentemente da dove saranno seduti. In tutti i modi dovremo cercare di ripagare il loro sostegno in campo. Mi aspetto una gara bella anche per via del clima che si è creato in questi giorni».
Il Sassuolo è davvero ingiocabile?
«Non esistono squadre ingiocabili. All’andata abbiamo fatto una grande partita e avremmo meritato di segnare prima noi. Certo, loro hanno attaccanti e centrocampisti già pronti per la Serie A e dobbiamo stare attenti, ma questo tipo di squadre concedono più spazio per giocare rispetto a chi lotta per salvarsi».
Il fatto che si parli più della posizione dei tifosi granata che della partita è un bene o un male?
«Non possiamo permetterci di perdere energie su questioni esterne, delle quali siamo comunque informati. Sappiamo che i tifosi ci saranno vicini in ogni caso, ed è questo l'importante».
Come hai trovato il gruppo a livello emotivo dopo gli ultimi risultati deludenti?
«Li ho visti molto bene in questi giorni. È difficile allenarsi con loro perché il ritmo che hanno in questi mesi io l’ho un po' perso. Se dovessi basarmi sugli allenamenti, direi che la squadra dovrebbe raccogliere più punti. Però il calcio non è sempre lo specchio della settimana. Il lavoro quotidiano e la voglia di migliorarsi sono fondamentali, soprattutto per una squadra giovane come la nostra».
Il presidente Salerno ha annunciato che il tuo rinnovo in dirittura d'arrivo: a che punto siamo?
«L'intenzione c'è: il presidente mi aveva già accennato qualcosa dopo la gara con il Cosenza, ma ora la priorità è il campo. Per me non è un problema firmare ora o a giugno o a luglio, resto indipendentemente dalla categoria».
Nel tuo futuro ci potrebbe essere una carriera da allenatore?
«No, non credo proprio. Mi piacerebbe di più diventare direttore sportivo. Fare l’allenatore è molto più complicato che fare il giocatore: bisogna gestire 27-28 teste, studiare gli avversari, pensare agli allenamenti. È un impegno enorme, e dopo la carriera da calciatore non è quello che vorrei fare».