Fausto Rossi: «A Reggio devo tutto. Spero di vincere il campionato per tornare in B e giocarla in maniera serena»
«Il pareggio con la Viterbese ha dimostrato che abbiamo carattere, con la Fermana bisogna portare a casa un risultato importante. Il Modena e le altre? Non ci interessano, fino a marzo dobbiamo pensare solo a noi stessi»
«Sulla carta quando la prima in classifica affronta l’ultima ci si può aspettare una vittoria facile, ma noi lo sapevamo che sarebbe stata una gara difficile contro una squadra che non merita la posizione che ha – ha dichiarato Fausto Rossi, protagonista dell'appuntamento settimanale con la stampa – La Viterbese è venuta per fare la sua partita, il risultato poteva essere diverso con qualche errore individuale in meno da parte nostra ma sappiamo che non si può sempre vincere e quando ci sono le giornate storte l’ importante è non perdere».
Una gara del genere forse nella scorsa stagione non avrebbe portato ad ottenere un punto…
«Si, e probabilmente anche due anni fa perché c’era una maturità diversa da parte degli interpreti in campo. Riuscire a recuperare per due volte una partita così non è da tutti: è dimostrazione di grande carattere».
L’assenza di Diana può avere pesato?
«No, la squadra ha una certa maturità poi mister Baresi in panchina ci dava i giusti consigli sulle cose da aggiustare o migliorare durante la partita».
Questo pareggio ha un aspetto positivo?
«Bisogna sempre trovare l’aspetto positivo guardando al bicchiere mezzo pieno: dobbiamo avere la coscienza degli errori commessi ma anche avere la coscienza di essere una squadra forte in grado di ribaltare il risultato in ogni momento: a Modena, a Pescara e con la Viterbese abbiamo dimostrato di avere la forza mentale e fisica spingendo fino al 95’. Con la Viterbese il vero momento di difficoltà c’è stato a inizio ripresa, ma dopo il secondo gol subito la squadra ha reagito alla grande».
Il lavoro in palestra vi aiuta a mantenervi in forma?
«In una squadra di livello alto, come accade in Serie A, la palestra si trova nella sede del centro di allenamento: noi ci dobbiamo spostare ma abbiamo una nostra saletta dove possiamo stare tranquilli. La prevenzione degli infortuni è alla base di qualsiasi professionista: ci aiuta a rinforzarci, ci dà la sensazione mentale di stare meglio e ognuno lavora in base alle proprie esigenze. È importante che il lavoro in palestra non sia obbligatorio: e ognuno fa quello che ritiene più adatto».
Ogni domenica è difficile indovinare la formazione che scenderà in campo: siete diventati imprevedibili…
«Il mister utilizza la squadra in base alla partita: c’è una strategia di gara che è sempre diversa in base all’avversario».
Sui calci da fermo il lavoro sta iniziando a dare i suoi frutti…
«Credo che siamo la squadra con più tiri in porta di tutta la Serie C e quella con più angoli a favore dopo il Catanzaro. Cerchiamo di lavorarci sfruttandoli in settimana: se ne occupa mister Baresi e siamo contenti di aver fatto fruttare questo lavoro. La percentuale di gol su palla inattiva è molto alta in Serie A, circa il 30%, ma anche nelle categorie minori».
La partita di domenica contro la Fermana è da vincere anche per cancellare la delusione dell’ultimo pareggio?
«Il peso di vincere le partite c’è sempre quando giochi nella Reggiana. Ci prendiamo questa responsabilità e affrontiamo la partita con la consapevolezza che bisogna portare a casa un risultato importante».
I numeri sono dalla vostra parte…
«Sì, ma i numeri lasciano il tempo che trovano: se guardiamo quelli di domenica scorsa, avremmo dovuto vincere 4-1. Le prestazioni individuali contano molto, i numeri li guardiamo per trarre delle conclusioni a fine partita ma non sono fondamentali. Ogni gara è una storia a se».
Quanto vi pesa il ruolino di marcia del Modena?
«Personalmente zero. Siamo a inizio a dicembre: ognuno ha il proprio percorso fatto di alti e bassi, da qui a marzo dobbiamo pensare solo al nostro senza farci distrarre da Modena, Entella, Pescara o Cesena. Pensiamo alla Reggiana e basta».
Tu personalmente come stai?
«Fisicamente sto bene, mi sento parte della squadra e non ho nessun tipo di problema fisico».
Non c’è nessun dualismo con altri giocatori?
«Nel gruppo non ci sono dualismi ma ruoli con diversi interpreti e diverse caratteristiche. La squadra è stata costruita bene con due giocatori bravi per ogni ruolo; quindi, a turno qualcuno deve stare fuori ma abbiamo la consapevolezza di essere una grande squadra e dei grandi giocatori anche sotto il profilo mentale».
Con Cigarini hai dimostrato di poter coesistere tranquillamente…
«Siamo due giocatori diversi e ognuno ha fatto il proprio percorso e ha le sue caratteristiche. In generale tutta la squadra ha degli interpreti importanti in mezzo al campo: è il mister che decide chi gioca ma bisogna stare sempre sul pezzo e dare il proprio contributo quando si viene chiamati in causa. A turno siamo stati fuori tutti: ci manca un po’ Del Pinto che era un bel collante e distruttore di gioco ma siamo abbastanza contenti di come stiamo andando».
Servono 20 titolari per vincere il campionato…
«Sì, è così. Soprattutto in questi anni in cui c’è il Covid e si riportano diversi infortuni dovuti ai campi pesanti. Chiaramente non vogliamo rivivere la situazione patita l’anno scorso, ma nonostante diversi infortuni siamo sempre una squadra competitiva con un organico ampio di giocatori che sta facendo benissimo».
In campo vi divertite?
«Sì è normale, dobbiamo soprattutto divertirci in partita o durante gli allenamenti. Se non ci si diverte il risultato non arriva, bisogna andare in campo con aggressività, cattiveria, determinazione e voglia di divertirsi».
Al di là della fascia al braccio, ti senti il capitano della Reggiana?
«Sì. Da quando sono arrivato giocatori che erano già qua come Spanò, Rozzio, Staiti e Narduzzo ci hanno trasmesso questa mentalità e l’attaccamento sia alla Reggiana che al territorio. La Reggiana è dei reggiani e si capisce quanto sia importante essere legati all’ambiente. Fare da guida ai compagni nuovi è importante, io mi rendo disponibile al 100% dentro e fuori dal campo: sono contento che mi prendano come punto di riferimento assieme a Paolo (Rozzio, ndr) per potere guidare un gruppo che ha un obiettivo e un sogno importante da raggiungere».
Tu hai un rapporto speciale con Reggio e i reggiani oltre che con i tifosi…
«Tutti sanno che sono arrivato qua dopo due anni di difficoltà fisica e mentale: pensavo di non rientrare più a giocare e avevo anche pensato di smettere. Sentivo che cera qualcosa che non andava, invece tornando a giocare a Reggio ho ritrovato l’affetto, la stima e la fiducia che mi mancavano e penso di essermele guadagnate anche con le prestazioni in campo, con la fiducia dei compagni, della società e dei mister. Abbiamo rinnovato anno per anno: questo è un grande atto di fiducia, specialmente dopo la retrocessione. Io spero di restare qui il più a lungo possibile e spero di aiutare la squadra in campo e fuori».
Nei tuoi piani c’è l’idea di rimanere a vivere a Reggio?
«Ne ho parlato con mia moglie poco tempo fa: abbiamo venduto casa a Torino e siamo in una fase di transizione, ma non è facile allontanarsi dalla famiglia e dai genitori anziani. Noi però a Reggi ci sentiamo a casa, per i miei figli Reggio vuol dire casa. Mi piacerebbe vivere qui ma ci sono tanti aspetti da valutare, ma è certamente una possibilità».
I tuoi figli cosa ti dicono a fine partita?
«Loro sono solo per la Reggiana, non vedono la prestazione singola. Il più grande inizia a capire un po’ di più, ma entrambi sono indirizzati su chi fa gol».
Il primo gol in granata quando arriverà?
«Spero di farlo presto. In questa stagione ho avuto due o tre opportunità nitide: con l’Ancona in casa e a Pontedera. Ora che gioco in una posizione un po’ più avanzata qualche occasione in più ci può essere».
Sei contento della carriera che hai fatto o potevi puntare più in alto?
«Domani compio 31 anni, quindi ho raggiunto una maturità abbastanza importante. Guardando indietro posso dire che potevo fare di più, ho commesso qualche scelta sbagliata, ho avuto dei problemi familiari e un infortunio grave a 28 anni che non hanno aiutato. Sono stato di proprietà della Juve fino a 26 anni, non c’è mai stata una squadra che mi volesse a tutti i costi e quando l’ho trovata (Real Valladolid, ndr) sono retrocesso nella seconda divisione spagnola quindi il trasferimento non è andato in porto. Avrei potuto fare di più ma c’è ancora tempo. Non sono scaramantico e lo dico: spero di vincere questo campionato, tornare in Serie B e potere giocare in maniera serena quella B che l’anno scorso non siamo riusciti a giocare. Ora abbiamo la consapevolezza degli errori fatti e quelli da non ricommettere se dovessimo tornare su…».
In futuro ti piacerebbe maggiormente allenare o fare il dirigente?
«Mi piace stare in campo, quando ci sono credo di avere la personalità giusta per guidare i compagni anche per quello che faccio. Però mi piacerebbe fare il dirigente e non l’allenatore».
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