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Tosi saluta la Reggiana: «Il mio percorso si è concluso. L'ambiente ha voglia di cambiare e io mi faccio da parte»

«Non ho rimpianti, ma avrei preferito lasciare conquistando la Serie B. Per chi arriverà non sarà facile essere aziendalista. Credo che Salerno continuerà a far crescere la Reggiana, inserendo qualche giovane per patrimonializzare il club»

03.06.2022 16:00

«In questi giorni ho avuto modo di ragionare attentamente e penso che il mio percorso alla Reggiana sia concluso – ha subito sottolineato Doriano Tosi in apertura di conferenza stampa nella sede di via Brigata Reggio, all’indomani dell’annuncio della separazione con il club granataI miei tre anni in granata sono stati molto impegnativi a livello di ansia e stress e il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati ha contribuito al crearsi di questa situazione. Ci tengo a sottolineare che non considero questo percorso un fallimento: siamo partiti dalla D, abbiamo vinto la C, siamo rimasti in B con i mezzi che avevamo illudendoci per metà stagione di poterci salvare e poi quest’anno è stato fatto il lavoro migliore degli ultimi tre costruendo una squadra con l’obiettivo di vincere. Non ci siamo riusciti e dulcis in fundo è arrivata la delusione dei playoff che fatico a giudicare. Probabilmente li abbiamo vissuti come una penitenza dal punto di vista psicologico, è venuto a mancare l’entusiasmo che invece occorre in questo tipo di competizione che nulla ha da spartire con il campionato».

«Sono molto sereno ed equilibrato – ha proseguito l’ex ds granata, passando in rassegna gli obiettivi raggiunti dal 2019 in poi e ringraziando chi lo ha sostenuto – Devo dire grazie a tutto il mondo della Reggiana perché sono riuscito a fare un’esperienza che mi mancava dopo un primo tentativo non riuscito cinque anni fa (con Piazza presidente, ndr). In questi tre anni è stato fatto qualcosa di significativo e credo si siano vissute le emozioni più forti degli ultimi 25. Lo dico senza presunzione e senza pensare di avere fatto chissà cosa. Credo che oggi la Reggiana debba saper cogliere gli errori fatti e prendere una visione diversa del suo futuro prossimo con altri dirigenti. Io non ho alcun rimpianto o rimorso, l’unico rammaricò è che mi sarebbe piaciuto salutare avendo conquistato la B perché già pensavo di lasciare, ma quando si va via dopo aver mancato un risultato importante si resta certamente scossi. Devo ringraziare i numerosi reggiani che mi hanno apprezzato, la gente con cui ho avuto modo di scambiare due parole e di questo porterò il ricordo. Non sono mai stato contestato e questo è un record nel mio mestiere. Ringrazio anche la stampa che mi ha sempre appoggiato riponendo fiducia in me. Mi lascio in buoni rapporti con la società, poi il tempo passerà e sistemerà le cose. Era giunto il momento di concludere la mia esperienza».

Direttore, lasciare la Reggiana è stata solo una sua scelta?
«Ho scritto ad Amadei dicendogli che volevo fare un passo indietro, lui mi ha detto di aspettare e ragionare insieme ma io volevo che le cose andassero così. Sicuramente qualche socio non era d’accordo con me, ma io ho parlato solo con il presidente che mi ha spiegato le sue visioni future dicendo che avrebbe intrapreso il percorso con altre persone. Io non ho fatto propaganda per cercare di rimanere, ma ho acconsentito a non restare anche perché ci avevo già pensato da tempo».

Il mancato raggiungimento della Serie B ha fatto degenerare la situazione?
«Quando si percepisce che l’ambiente ha voglia di cambiare per fare altre cose, non posso mettermi contro. Quando non percepisco fiducia nei miei confronti sono il primo a farmi da parte: non ho il problema della carriera e non ho il problema dei soldi. Vivo di soddisfazioni e di fiducia e se mancano entrambe diventa dura…».

Se Amadei si fosse impuntato, lei sarebbe rimasto?
«Nelle esperienze in cui non è da solo, ma sono presenti altri soci che tirano fuori dei soldi, Amadei non si impunta. Con lui mi sono già lasciato qualche volta, ma più passano i giorni più vedo che la serenità aumenta. Avrei avuto tanti problemi da risolvere a partire dai rinnovi, dai campi di allenamento…».

Amadei senza Tosi può esistere?
«Questa è una visione datata della situazione: Amadei negli ultimi due anni per motivi vari ci ha seguiti poco e vive di quello che gli dicono i suoi collaboratori. Io sono venuto con Amadei poi piano piano il rapporto per necessità fisiche si è affievolito notevolmente. C’è grande rispetto e affetto ma le società sono fatte da persone. Ripeto, rispetto al passato ho vissuto di meno Amadei e per me è un rimpianto».

Si è sentito tradito da Salerno?
«Ho apprezzato la schiettezza con cui mi ha comunicato il suo pensiero. Ma lui non è l’unico con l’esigenza di avere un interlocutore diverso dal sottoscritto che corrisponda di più alle caratteristiche dei soci. Se non ci fosse stato l’incidente con Alvini l’anno scorso avrei già chiuso la mia esperienza in granata: dopo la retrocessione, la delusione era tanta ma mi ha tenuto in piedi Alvini dicendo che sarebbe rimasto se fossi rimasto anche io, poi mi ha lasciato col cerino in mano… L’esperienza reggiana è la realizzazione di quello che mi sarebbe piaciuto fare in carriera e qui ho sempre cercato di fare una buona squadra. Dopo tre anni, ho finito il percorso da direttore sportivo e per il momento non potevo proseguire».

I suoi rapporti personali con Salerno d’ora in avanti saranno diversi?
«Per come ci siamo lasciati in modo sfacciato ma sincero, lo perdono assolutamente».

Qual è stata l’accusa più grossa ricevuta?
«Che gli ultimi due anni sono stati fallimentari e siamo senza giovani da vendere. Ce ne sono più che a sufficienza».

Non avere valorizzato dei giovani è davvero una colpa?
«A Reggio i tifosi vorrebbero la B e subito e noi ci abbiamo provato. Malauguratamente non eravamo attrezzati per rimanerci, così abbiamo tentato subito di tornare su. In Serie C ci sono una decina di squadre che partono per arrivare in alto e non hanno giovani: non ce li aveva il Sudtirol mentre il Modena ne aveva alcuni in un organico di 30 giocatori. Noi dovevamo arrangiarci con un budget definito e un obiettivo da raggiungere. Bari, Padova e Palermo lottano per vincere e non pensano a giovani da rivendere: questo è un discorso che si può fare in B anche perché ci sono obblighi regolamentari diversi. Ciò non toglie che con una visione diversa saremmo potuti partire con una squadra giovane per farla crescere piano piano come ha fatto il Sudtirol anni fa. Io però ho la sensazione che a Reggio questo discorso attecchisca poco: la Reggiana ha bisogno di essere promossa e alla svelta e io ho cercato di interpretare tale pensiero. Va anche detto che non ho mai speso soldi non approvati e avallati dalla società. Ho motivato certi investimenti però mai mi sono permesso di impegnare la società o firmare qualcosa. Ho sempre speso quello che avevo a budget e i conti sono sempre tornati».

Chi comanda ora?
«Il presidente, con l’avvallo dei soci che hanno provato la sua linea. Salerno comandava anche l’anno scorso, visto che Amadei partecipa meno, ed è la persona più autorevole che la Reggiana ha in questo momento». 

Qual è stato l’errore principale commesso da direttore sportivo in questi tre anni?
«Sicuramente quello di non avere suonato le campane d’allarme dicendo che il budget per affrontare la B era un po’ troppo basso. Ho cercato di farmi andare bene tutto e fino a gennaio riuscivamo a galleggiare, ma da febbraio in poi la Serie B ci ha presentato il conto…».

Esonerare Alvini sarebbe servito?
«Secondo me no, era la squadra che ha dato poco. Molti giocatori non erano da B per quello che chiedeva la categoria in quel momento».

Eppure, sarebbe bastato un punto a Vicenza all’ultima giornata…
«Sì è vero, ne eravamo consapevoli anche prima di giocare, ma non abbiamo trovato il punto che ci serviva e io con Vicenza posso dire di non essere gemellato come i tifosi… Se fossimo rimasti in B avremmo potuto fare un calcio sostenibile con uno zoccolo duro di 15-16 esperti assieme a 7-8 giovani da valorizzare, ma la retrocessione ci ha fatto fare marcia indietro. Vedendo poi cosa facevano la scorsa estate il Modena e le altre abbiamo deciso di diventare più competitivi e abbiamo avuto anche l’impressione di essere più bravi degli altri, ad un certo punto, poi alla fine per un pareggio di troppo non siamo stati promossi…».

Sottolineati gli errori, quali sono invece le scelte migliori che ha fatto?
«Dovrei pensarci bene. Sicuramente gli allenatori non sono state scelte sbagliate e non li ho presi in un momento di gloria per loro. Diana secondo me può puntare in alto e penso possa fare meglio in una categoria superiore alla Serie C perché è nato in quell’ambiente e si troverebbe più a suo agio».

Questa è la seconda volta che lascia la Reggiana: si immagina un epilogo diverso rispetto al precedente addio?
«Non so rispondere, si tratta di situazioni totalmente diverse. Se non cambiano le cose bisognerà trovare a medio termine nuovi investitori e compratori. Sebbene glielo auguri, anche Amadei non può stare nel calcio per altri cento anni. Chi arriva alla Reggiana prende il testimone da chi lo precede e lo porta avanti per un po’ per poi consegnarlo a un altro. Se le società non fanno calcio sostenibile avremo sempre soci investitori che restano qualche anno poi vanno via: è un dilemma del calcio italiano in tante città, non solo a Reggio. Perdere soldi tutti gli anni in un’attività non è mica facile. Nell’ultimo anno a Reggio sono stato molto aziendalista e meno accentratore del solito facendo partecipare tutti alle mie scelte. Per chiunque arriverà non sarà facile essere aziendalista e in linea con Immergas come ho fatto in questi anni…».

Che Reggiana potremmo vedere nella prossima stagione?
«Credo che il presidente voglia mantenere questa squadra e finanziare quest'annata per proseguire un percorso di crescita inserendo anche dei giovani per cercare di patrimonializzare e avere qualche sviluppo per il futuro. Fare un calcio sostenibile dovrà essere l'obiettivo della Reggiana». 

La scelta del prossimo allenatore sarà uno dei primi nodi da scogliere per il suo successore: secondo lei cosa servirà?
«Io penso che la Reggiana abbia un budget più o meno simile all’anno scorso perché ha già vincoli contrattuali e lo zoccolo duro della società resta. Si cercherà di rimanere sulla stessa scia e l’allenatore dipenderà dalle proposte che riceve. Non è detto che Diana non ci stia, può darsi di sì…». 

Il suo futuro sarà ancora nel mondo del calcio?
«Questa domanda è troppo frettolosa. Non escludo che qualche amico possa avere bisogno di me, ma come direttore sportivo penso di non riprendere quella strada. Posso fare tante cose con le competenze e conoscenze acquisite, anche perché a Reggio non ho svolto solo il ruolo di ds ma ho lavorato a 360 gradi».

Seguirà ancora la Reggiana?
«Vedrò cosa succederà, adesso sono molto sereno e non ho alcun astio con nessuno. Chissà che in futuro non possa tornare a lavorare con la Reggiana, ma non come ds. Di certo non ho mai sopportato quelli che erano alla Reggiana e quando tornano a vederla pontificano su tutto nelle interviste: io quel mestiere lì non lo faccio e non lo farò mai…».

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