Belfasti: «Siamo dalla parte del mister, non molleremo ora»
«Alla Juve ho imparato a parlare poco e a lavorare duramente sul campo. La Reggiana? Non sono pentito della mia scelta»
Nazzereno Belfasti è il terzino mancino titolare della Reggiana (18 presenze, 13 da titolare), ma ha raggiunto questo "status" dopo un avvio di campionato passato principalmente in panchina soprattutto a causa della regola dei giovani 'under'. L'esterno classe '93 di Castellarano, dopo diverse esperienze in giro per l'Italia tra Pro Vercelli, Gubbio, FeralpiSalò e per ultima il Pro Piacenza, ha sposato il progetto granata fin dal principio, rinunciando a diverse offerte dalla Serie C, e ora nel momento più difficile della stagione non ha intenzione di abbandonare il sogno del ritorno tra i professionisti.
Qual è l'umore della squadra dopo il secondo pareggio consecutivo?
«Eravamo andati a Lentigione per vincere ma visto come si era messa la partita ci teniamo stretto il pareggio e pensiamo alla prossima gara col Pavia. Ora è davvero necessario conquistare più punti possibile e sperare che le prime due rallentino».
Come troverete gli stimoli per gli ultimi mesi di campionato?
«La stagione è ancora lunga, dobbiamo solo pensare a noi e a vincere tutte le partite che mancano senza stare troppo a guardare Modena e Pergolettese: sembrerà una frase fatta ma è l'unica cosa che possiamo fare».
Il k.o. con la Pergolettese è stato lo spartiacque del campionato?
«Quella sconfitta sicuramente ci ha demoralizzato perché avevamo preparato bene la partita. Ora stiamo vivendo un momento delicato ma solo con il lavoro e l'impegno durante la settimana ne verremo fuori».
Mister Antonioli è stato ampiamente criticato nelle ultime settimane: giocherete anche per lui?
«Siamo un bel gruppo, penso lo si veda, che è sempre stato dalla parte del mister e lo sarà fino alla fine».
State già pensando ai playoff?
«Finché la matematica non ci condanna, dobbiamo provare ad arrivare primi. Non ci nascondiamo dietro un dito però, sappiamo che sarà difficilissimo quindi l'importante è anche piazzarsi nel migliore modo possibile per eventualmente vincere i playoff e puntare al ripescaggio».
Domenica arriva il Pavia: all'andata la sconfitta con gli azzurri fu forse il punto più basso raggiunto in tutta la stagione...
«Non ero sceso in campo ma la ricordo come una giornata dove era girato tutto male: avevamo sbagliato approccio, tornando a casa senza nemmeno un punto. Il Pavia è una squadra rognosa e cattiva che non molla mai, però forse concede qualcosa in difesa: dovremo entrare in campo con l'atteggiamento giusto ed essere bravi ad approfittare dei loro difetti».
Giocare al "Città del Tricolore" a questo punto della stagione può essere uno svantaggio viste le ultime reazioni dei tifosi?
«No, per noi è sempre un vantaggio perché nei campi come questi le nostre doti vengono fuori alla lunga mentre è più difficile giocare sui terreni di campagna come Lentigione. Comprendo il malumore dei tifosi, noi cercheremo in tutti i modi di uscire da questa fase difficile».
Facciamo un passo indietro alla scorsa estate: come è nata l'opportunità di vestire la maglia granata?
«Già a partite dal 2009 dopo che avevo lasciato la Juve erano girate delle voci, nulla di concreto però. La scorsa estate appena ho saputo di questa nuova opportunità ho subito accettato la proposta della Reggio Audace e non sono affatto pentito della mia scelta».
Anche se a inizio stagione hai dovuto assaporare tante panchine?
«Sì. Ero a conoscenza del regolamento che impone l'obbligo degli 'under' ma l'ho accettato perché conta il bene del gruppo. Personalmente non sono un calciatore che ama lamentarsi, preferisco invecere stare zitto e lavorare: quando il mister mi chiama in causa dò sempre il mio contributo».
Che ricordi hai degli anni passati a Torino?
«Quello è un altro mondo, sotto tutti i punti di vista. Con la Primavera bianconera ho vissuto due anni indimenticabili anche perché ho avuto l'opportunità di allenarmi con Del Piero e altri campioni durante le partitelle del giovedì. Mi aveva colpito in modo particolare l'impegno che gli juventini mettevano nel lavoro quotidiano: tutti in campo, zitti, con l'obiettivo di vincere. Ero stato allenato da Bucaro (ora all'Avellino in D, ndr) e Baroni (in Serie A al Frosinone, ndr) mentre i mister della prima squadra erano Delneri e Conte».
Fuori dal campo invece che passioni coltivi?
«Non riesco proprio a staccarmi dal calcio: a Castellarano abito vicino a un centro sportivo dove a volte mi fermo a seguire gli allenamenti dei bimbi. Una volta appesi gli scarpini al chiodo non mi dispiacerebbe rimanere nell'ambiente del pallone, magari come allenatore o direttore sportivo non importa il ruolo...».
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