Eberini: «Non sono bollito, penso di averlo dimostrato»
«Meriteremmo la riconferma, peccato che non tutti siano d'accordo...»
«I risultati parlano chiaro, lo vuole la gente: i tre allenatori hanno fatto bene e meriterebbero la riconferma. Peccato che il direttore sportivo Magalini non la pensi così. Spero solo che la Reggiana riparta con qualcosa di ‘vecchio’ nel motore, giocatori o tecnici che siano. Indipendentemente dalla mia presenza, non voglio elemosinare un contratto. Se hanno bisogno di me bene, altrimenti niente...». Queste sono le parole usate da Sergio Eberini, ospite ieri della redazione del Resto del Carlino per una lunga chiacchierata sulla stagione da poco conclusa e sulle ipotesi future che riguardano la Reggiana.
Un rapporto di collaborazione inusuale quello del tecnico classe '54 con La Rosa e Tedeschi, che però ha dato i suoi frutti: «Tra di noi c'era grande rispetto, ma non siamo sempre andati d'amore e d'accordo. A volte ci siamo mandati a quel paese, ma sempre per il bene della Reggiana». Nel suo discorso ai tifosi, il presidente Mike Piazza non è stato molto chiaro su quanto avverrà nei prossimi mesi: «Speriamo che il presidente decida di ripartire. Mi spiace però che non sia già iniziata la programmazione tecnica: siamo a giugno, è un po’ tardi».
Una stagione terminata nel peggiore dei modi per colpa di un calcio di rigore che anche gli osservatori più neutrali hanno giudicato essere inesistente: «E più lo rivedo più dico che non si può fischiare una cosa simile. La nostra rovina però sono stati gli infortuni di Crocchianti e Spanò: con loro due disponibili avremmo continuato a giocare con il 4-3-3, un sistema che ci aveva dato un ottimo sviluppo di gioco. Ecco, questo non ci ha permesso di salire in Serie B». Mercoledì sera al Mirabello durante l'ultimo saluto ai tifosi, Eberini ha mostrato un lato nascosto del suo carattere non riuscendo a trattenere le lacrime dopo l'ovazione nei suoi confronti: «Quando è partito il coro ho sentito i brividi lungo tutto il corpo. Un’emozione fortissima che da tempo il calcio non mi regalava».
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