Luciani: «A Reggio un anno straordinario. Abbiamo dimostrato di essere forti, ora vogliamo vincere i playoff»
«L'attesa è logorante: non vedo l'ora di iniziare. Se ho fatto una stagione del genere il merito è anche di mia moglie. Diana ci fa divertire, i tifosi ci danno la forza per continuare a lottare. Il paragone con Spanò? Mi rende orgoglioso»
Alessio Luciani non è mai banale nei suoi interventi in campo e fuori dal campo davanti a un microfono. Proprio come la Reggiana, anche il difensore classe ’90 è ripatito con grande umiltà dopo una retrocessione e partita dopo partita si è meritato gli applausi del pubblico e ora ha messo nuovamente nel mirino la Serie B che dovrà passare dalla vittoria dei playoff dopo che quella del campionato è sfumata praticamente all’ultima curva.
Alessio, come stai vivendo l’ultima settimana che ci porta ai playoff?
«Ci stiamo preparando alla grande mentalmente e fisicamente, ma l’attesa è logorante e non vedo l’ora che sia venerdì mattina per conoscere il nome dell’avversario. Dovremo farci trovare pronti già nella prima gara fuori casa perché sarà di vitale importanza partire con il piede giusto».
Temi di affrontare qualche squadra in particolare?
«Analizzando tutte le rose si fa a fatica a dire chi si vorrebbe incontrare o meno. Per arrivare a quell’obiettivo non bisogna fare calcoli ma prepararsi bene. Io sono convinto dei nostri mezzi, abbiamo la consapevolezza della nostra forza e aspettiamo quello che verrà. Ai playoff il caldo sarà un fattore determinante e anche gli episodi faranno la differenza ma noi ci stiamo preparando alla grande limando ogni piccolo dettaglio e curandoci alla perfezione».
La Reggiana può davvero vincere i playoff?
«Assolutamente sì. Le due retrocessioni, la mia e quella della Reggiana, portano voglia di rivalsa e per cancellare quelle delusioni c’è bisogno di una soddisfazione più grande. Noi non ci nascondiamo, abbiamo dimostrato di essere forti e pretendiamo da noi stessi il massimo per vincere i playoff».
Può essere un vantaggio avere somatizzato prima della fine del campionato l’epilogo della stagione ai playoff?
«Siamo un gruppo intelligente e abbiamo sempre messo sul piatto l’ipotesi playoff, ma abbiamo avuto il diritto di provarci fino alla fine: sapevamo che sarebbe stata dura perché tutti i segnali portavano a pensare che il Modena avrebbe vinto il campionato, per ultimo il gol del portiere, ma vincere spesso le partite al 90’ non è solo fortuna ma anche capacità di farsi trovare al posto giusto al momento giusto e capacità di vincere partite sporche, cosa che a noi è capitato solamente in un paio di occasioni in trasferta con Entella e Olbia. Ricordo prestazioni bellissime in cui siamo stati superiori ma abbiamo portato a casa zero punti o un punto solo con Gubbio e Ancona, mentre a Carrara e Lucca non siamo stati noi stessi: nel girone di ritorno comunque abbiamo fatto solo quattro punti in meno rispetto all’andata. Il fatto che la nostra gente ci abbia creduto fino alla fine ci ha sicuramente spronati e a Teramo ci hanno fatto capire che ci avrebbero dato la forza per provarci in una seconda occasione».
La sinergia con i tifosi è l’arma segreta di questa Reggiana?
«A inizio stagione c’erano tante scorie dopo la retrocessione, ma noi siamo stati bravi a buttare via la negatività e a ricreare entusiasmo legato ai risultati e alla voglia che aveva le gente di tornare al Giglio e divertirsi la domenica. Il fatto di far divertire la gente è la cosa più bella in assoluto e lo rifaremo ancora ai playoff. Portare 300 persone a Olbia di giovedì e vedere una muraglia granata entrando in campo è stata la carica in più che ci ha fatto capire che stavamo facendo qualcosa di importante. Di questa stagione porterò con me tanti splendidi ricordi, specialmente in casa. Come tifoseria non ci sentiamo secondi a nessuno».
Ti aspettavi di disputare una stagione così positiva in granata?
«Sono un giocatore emotivo e ciò che ho fatto quest’anno mi dà una carica allucinante. Venivo da una stagione travagliata quando io e mia moglie aspettavamo un bambino e l’alternarsi di risultati negativi ad Arezzo non ha fatto sì che dentro casa ci fosse l’entusiasmo giusto. La retrocessione mi ha toccato ma ci siamo rafforzati con un sorriso: la scorsa estate mi allenavo da solo aspettando una chiamata per dimostrare il mio valore. A Reggio non mi aspettavo tutto questo entusiasmo nei miei confronti ma ho sempre creduto nei miei mezzi: se sono così è merito della mia tenacia e del fuoco che ho dentro che non si spegnerà mai. Anche se ho qualche anno sulle spalle, la mia ambizione non me la porterà mai via nessuno».
È mancato solo il gol?
«Le soddisfazioni uno deve meritarsele: evidentemente non ho fatto abbastanza per arrivare al gol. Penso di meritarlo, ma l’importante è che lo facciano gli altri e portino comunque soddisfazioni e vittorie».
Nell’immaginario dei tifosi, e non solo, hai sostituito un certo Alessandro Spanò…
«Molta gente mi paragona a lui e io l’ho sempre stimato. Siamo simili come persone e penso anche come giocatori e questo paragone, che può essere letto in entrambi i sensi, mi rende orgoglioso. A volte però mi ha dato un po' fastidio e come battuta ai compagni negli spogliatoi ho detto che io sono Luciani e Spanò è un altro…».
Si può dire che per te questo è stato un anno felice?
«Un anno straordinario. Lavorativamente parlando penso di avere raggiunto il picco della carriera come prestazioni. Sono orgoglioso di me, di mia moglie e di come ci siamo ambientati a Reggio e di quello che stiamo dando. Siamo a 500 km da casa, lontani dalla famiglia e dagli amici. Se sono riuscito a fare una stagione del genere è perché al mio fianco c’è una persona come me, che tira fuori le cose migliori di me».
Qualche rimpianto però c’è?
«Non avere centrato la promozione diretta è sicuramente un rimpianto, ma è anche uno stimolo per dimostrare ancora di più il nostro valore ai playoff».
L’ambientamento a Reggio procede bene?
«Quella di Reggio era una realtà a me sconosciuta, così come tutta l’Emilia, e ho sfruttato l’occasione per conoscere bene questa terra e spero di farlo ancora per tanti anni. Io sono di passaggio ma sfrutterò a lungo ciò che la città mi dà in maniera educata. Mi sto trovando alla grande a anche a mia moglie Michela e al suo lavoro da psicologa Reggio sta dando tanto».
Riesci a staccare la spina e svestire i panni del calciatore?
«Io mi sono sempre spogliato delle vesti da calciatore e quando posso sono dietro un bancone di alimentari in provincia di Rieti gestito dai miei genitori. Spesso quando sono lì mi scambiano per mio fratello Matteo e io sto al gioco oppure in maniera orgogliosa dico loro che sono io, Alessio, che sta dando una mano ai suoi genitori. Mi piace essere conosciuto come Alessio e non come calciatore».
Hai conosciuto Diana da giocatore, ma come allenatore ti ha sorpreso?
«Lo conoscevo come giocatore e come uomo e già quando eravamo compagni di squadra (al Lumezzane, ndr) aveva visto in me la voglia che avevo dentro e mi aveva promesso di portarmi con sé da allenatore. Io mi sono sempre fatto distinguere per tenacia e predisposizione al lavoro e non ho mai leccato il culo a nessuno. La scorsa estate tra di noi ricordo una sola telefonata, quando il mister mi annunciò che sarei stato un giocatore della Regia. Al mister qualche giorno fa ho detto che mi mette in difficoltà perché porta princìpi di gioco innovativi e situazioni tattiche che non ho mai fatto prima in carriera. Il suo è un calcio moderno e se siamo il miglior attacco e abbiamo il miglior gioco della Serie C, questi risultati sono farina del suo sacco. Ci ha dato tante cose che a inizio ritiro non capivamo, in allenamento ci fa sempre divertire con la palla».
Come spieghi il fatto che la Reggiana, oltre al migliore attacco, abbia anche una delle difese meno perforate della Lega Pro?
«Non c’è solamente la difesa che difende ma parte tutto dalla volontà dei nostri attaccanti di darci una mano, dalla voglia dei centrocampisti di recuperare palla, dai quinti che fanno la fascia tante volte. Alla base c’è comunque l’esperienza di una rosa ampia a livello difensivo che conosce bene tante nozioni e in cui si lavora sulle marcature preventive».
Quali squadre secondo te hanno disputato una stagione sotto le aspettative?
«Una squadra che mi ha un po’ deluso, anche se è ancora in corsa, è il Pescara: con la rosa che ha penso potesse fare molto di più e ha un giocatore come D’Ursi che nell’uno contro uno sposta gli equilibri e merita altre categorie. Mi aspettavo qualcosa in più anche dalla Viterbese visto che conosco l’ambiente e mister Dal Canto: penso avrebbe meritato maggiore fiducia sin dall’inizio».
Commenti